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Rivarolo - il Centro storico

LOCALITÀ RIVAROLO – centro storico

Nella seconda metà del ‘500, Vespasiano Gonzaga pianifica l’ampliamento del medievale Castrum Riparoli, quintuplicandone le dimensioni. La rifondazione è riferibile all’ordinanza marchionale dell’estate 1567: “... si fa pubblica grida bando et comandamento, che nessun cittadino esente et privilegiato, abitante nelle ville et luoghi sottoposti al Marchionato di Sabbioneta, … non olzino di star fuori sotto la pena della perdita della immunità et esenzioni per le teste”. Nei decenni successivi il Borgo prenderà forma con nuovi tracciati viari, racchiusi da una cerchia muraria di oltre 2 km dotata di 3 porte urbane, ma soprattutto con la Piazza porticata sulla quale prospetta il Palazzo Pretorio.

L’impianto urbanistico riferibile all’ampliamento vespasianeo presenta una giacitura nord-ovest sud-est che asseconda la centuriazione romana, ancora riscontrabile nei tracciati agrari circostanti, ed ingloba alcune preeesistenze come il Vicolo della Chiesa, probabile permanenza di un castrum tardo antico, evolutosi nell’insediamento longobardo dei secoli VII e VIII (vedi immagine sottostante).

Il toponimo antico, nella versione autoctona, cioè dialettale (Rivaröl föra), deriva infatti dalle diciture con le quali il Borgo è menzionato nei documenti tardo medievali: Rivarolo de Foris o de Fora. Se accettiamo l’ipotesi che l’estensione de Fora sia la possibile e probabile mutazione da un originario de Fara, possiamo immaginare un trascorso altomedievale per il Borgo. Qui si annota come il vocabolo “fara” sia il termine più importante dell’organizzazione tribale longobarda che indica non solo l’insieme delle persone unite da vincoli di parentela, ma anche il corpo militare costituito a partire dai membri di una “fara” ed infine il territorio sul quale ogni singolo gruppo tribale di migranti armati si era stabilito tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo, spesso sulla base di concessioni reali, dando origine alle arimannie. Con quest’ultima accezione il termine “fara” entrò nella toponomastica, ad indicare i luoghi dello stanziamento longobardo, spesso in contrapposizione al termine “plebs”, utilizzato per indicare i luoghi abitati dagli italici sottomessi.

La congettura dei trascorsi longobardi di Rivarolo è d’altra parte supportata dal lacerto di lastra tombale dell’ottavo secolo, proveniente dalla Pieve di Santa Maria (l’antica chiesa plebana di Rivarolo), ora nella Parrocchiale di Santa Maria Annunciata e dalla sopravvivenza dei toponimi fondiari, di chiara origine longobarda, che ancora connotano il territorio circostante. Relitti linguistici come Barco (da Bairg, riparo, rifugio), Breda, (da Braida, terra comune suburbana), Lama, Lamari (da Lama, stagno o ristagno d’acqua), Gora (da Wora, corso d’acqua), Ronchi (da Rono, tronco d’albero), ma anche Gazzo (da Gahagi, bosco recintato, tenuta di caccia), Regona (da Regana, divinità delle acque), Lanca (da Hancha, bassura acquitrinosa), Landa (da Landa, terra) e lo stesso nome attribuito al rio che costeggia il Borgo, il Cavo Delmona, (composito da Adel, nobile, e Helm, elmo, protezione) provengono direttamente dall’occupazione militare longobarda dei secoli VII e VIII.

Il castrum medievale. Se è ipotizzabile una Rivarolo tardo antica e longobarda, bisogna tuttavia ammettere che il Borgo fa ufficialmente la sua comparsa solo a partire dalla fine dell’XII secolo. La carenza di fonti documentarie precedenti non è tuttavia interpretabile come un’assenza: la Curtis Riveriola del IX secolo, anche se riferibile ad un vasto latifondo che si estendeva tra Rivarolo e Cividale, riceve probabilmente il toponimo proprio in riferimento al centro fortificato, così come accade ad altre corti elencate nel Breve de terris, l’inventario delle proprietà terriere del Monastero bresciano di Santa Giulia dal quale la curtis dipendeva.

Ad ogni modo, dal XII secolo le fonti documentarie si infittiscono: ben quattro Privilegi papali, rilasciati ai vescovi di Cremona tra il 1124 e il 1187, citano, tra le ecclesias sottoposte alla giurisdizione della Diocesi, l’ecclesia ... de castro Ripariolo, a dimostrazione di come il Borgo abbia assunto una strutturazione precisa: quella del villaggio fortificato con la Comunità raccolta attorno all’edificio religioso.

Del Castrum Riparoli sopravvivono le permanenze dei tracciati viari che in parte ricalcano quelli dell’insediamento bizantino, prima, e longobardo, poi: nel tessuto viario attuale, si riconoscono per l’andamento assecondante i punti cardinali. È anche possibile che la nuova cerchia muraria, edificata presumibilmente verso la fine del X secolo, sia stata tracciata includendo aree inedificate, destinate, in un primo tempo, ad orti urbani.

Dal castrum all’oppidum. Solo a partire dalla metà del Quattrocento troviamo una variazione della locuzione toponomastica: nell’accordo siglato a Milano il 27 settembre 1445, tra il Filippo Maria Visconti e Ludovico Gonzaga ed ancora nel Diploma di investitura imperiale dell’aprile 1478, rilasciato allo stesso marchese di Mantova, il Borgo è denominato Castrum Riparoli cum Rocca. Ai fini della ricostruzione storica delle sue vicende urbanistiche, la variazione non è di poco conto perché indica, probabilmente, che, in un momento imprecisato, tra il XIV ed il XV secolo, la cinta delle mura medievali è stata integrata da una rocca. La fortificazione, ritenuta abbastanza importante da essere nominata nei documenti ufficiali, è con ogni probabilità la stessa che la storiografia successiva e la tradizione popolare tramandano col termine de “il castello”, demolito da Vespasiano Gonzaga dopo il 1567. L’ipotesi localizzativa più probabile ci sembra quella dell’isolato compreso tra la circonvallazione sud e le vie Battisti, Mazzini e Nazario Sauro; localizzazione che giustificherebbe lo “spanciamento” del tratto centrale del circuito murario attuale e la stessa denominazione di Via del Castello assegnata nel Catasto teresiano alle attuali Vie Filzi e Battisti. É inoltre possibile ipotizzare che Vespasiano, quando demolisce la rocca, negli anni ’70 del Cinquecento, pensi alla sua riedificazione in forma di palazzo signorile, struttando il fronte prospiciente Piazza Grande. Proposito rimasto inattuato per la morte del Duca, ma ripreso un secolo dopo dai Conti Penci, non a caso osteggiati dai nuovi signori, forse memori dei propositi dell’illustre avo. A sostegno di questa ipotesi si possono citare Sabbioneta e Bozzolo, dove Vespasiano conduce analoghe operazioni di rinnovo urbano: la Piazza è il luogo deputato alla rappresentazione delle Istituzioni, e lì, su fronti opposti, si elevano i palazzi del Principe e quello della Comunità. É presumibile che a Rivarolo sia mancato il tempo per portare a compimento un’analoga visione urbanistica: il suo ideatore ed artefice morirà il 26 febbraio del 1591 lasciando la città incompiuta.

La città vespasianea. Nella seconda metà del Cinquecento, Vespasiano Gonzaga Colonna pianificò l’ampliamento del Castrum Riparoli, quintuplicandone le dimensioni. Vespasiano portò così a compimento la politica di concentrazione della popolazione rurale nei borghi storici, soggetti alla sua giurisdizione, iniziata qualche anno prima a Sabbioneta. Nei decenni successivi Rivarolo prenderà forma con nuovi tracciati viari, racchiusi da una cerchia muraria di oltre due chilometri di sviluppo, dotata di tre porte urbane. Un circuito murario di carattere prevalentemente daziario, ma anche difensivo nei confronti della piaga del secolo: il brigantaggio.

L’impianto urbanistico riferibile all’ampliamento vespasianeo si distingue dal castrum medievale perchè presenta una giacitura leggermente ruotata, con andamento nord-ovest sud-est, assecondante la centuriazione romana, ancora riscontrabile nei tracciati agrari circostanti. La preoccupazione di allontanare correttamente le acque meteoriche aveva imposto di assecondarne la regimazione impostata dagli antichi colonizzatori romani secondo i tracciati della cenruriazione, facendole defluire nel fosso della cinta magistrale. Ancora oggi, ancorchè un collettore fognario abbia preso il posto della “fossa”, il sistema funziona su queste basi.

Contestualmente venne definita la configurazione di Piazza Finzi, denominata in origine Piazza Grande, che venne strutturata in funzione della valorizzazione del neonato Palazzo Pretorio, senza trascurarne il carattere di storico mercatale, funzione che conserverà anche nei secoli a venire: ricorrendo ad artifici scenografici tardo rinascimentali le quinte porticate della Piazza divergono, infatti, “aprendosi” per assumere la Torre preesistente, quale asse prospettico dello spazio pubblico antistante e contestuale apparente asse di simmetria del neonato Palazzo. Quest’ultimo, storica sede delle Magistrature urbane e della Frumentaria (il prestito del grano collegato al Monte di Pietà), fu edificato a ridosso della cerchia muraria del Castrum Riparoli inglobandone la quattrocentesca porta settentrionale, adibita a Torre civica dopo gli interventi di Vespasiano; la preesistenza, nota anche come Torre dei sacchi (il pubblico ammasso del grano), ha assunto il ruolo di Torre delle ore con l’aggiunta dell’altana seicentesca e l’inserimento dell’orologio (1783). Il Palazzo, rimaneggiato internamente per le destinazioni d’uso succedutesi nei secoli, arrivando ad ospitare nel Novecento la scuola elementare, una sala cinematografica e infine la biblioteca della Fondazione Sanguanini, conserva negli esterni le fattezze originarie. Se il progettista, come spesso accade, rimane ignoto, tuttavia il cornicione a mensole inginocchiate potrebbe ricondurre all’opera di Giuseppe Dattaro, per i ruoli che l'architetto cremonese ha rivestito nelle corti di Vespasiano e Vincenzo Gonzaga, del quale è stato prefetto delle fabbriche ducali nei primi anni ’90 del Cinquecento.

Oggi il Centro storico di Rivarolo è ancora fisicamente delimitato dal circuito murario gonzaghesco del XVI secolo che cinge un abitato dove prevale la funzione residenziale. I suoi 23 ettari di estensione, sono occupati da isolati urbani di grandi dimensioni destinati ad ospitare, in origine, le aziende agricole e le botteghe artigiane dell’operoso Borgo che, ancora nel 1879, a quattrocento anni dalla sua “rifondazione”, registrava 6.213 abitanti.RIVAROLO Centro storico monumenti tracciati

 

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